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Delle molte malattie associate all’olivo, dovute a virus, batteri, fitoplasmi, funghi, acari e insetti, quelle in grado di causare disagi o perdite estese di rilevanza economica sono relativamente poche e fra queste spiccano per importanza: l’agente della fumaggine la cocciniglia (Capnodium eleaphilum, Cladosporium herbarum), la cocciniglia mezzo grano di pepe Saissetia oleae, l’agente della rogna Pseudomonas savastanoi, l’agente dell’occhio di pavone Spilocaea oleagina,la mosca delle olive Bactrocera oleae, l’agente della piombatura Pseudocercospora cladosporioides, il cancro dell’olivo. In ogni caso i rimedi per ovviare a parassiti, non prevedevano l’uso di insetticidi chimici, ma pare sia più importante l’astuzia, l’occhio, la cura massima.
La fumaggine dell’olivo è una malattia dovuta ad una cocciniglia (Capnodium eleaphilum, Cladosporium herbarum) che ricopre la pianta con una polverina nera (fuligginosa) che non è dannosa alla pianta in sé ma che crea numerosi disagi a chi va a cogliere le olive, causando numerose irritazioni.
Saissetia oleae, nota come “cocciniglia mezzo grano di pepe”, è ritenuta uno dei principali fitofagi degli oliveti. Originaria dell’Africa ha oggi una larghissima distribuzione anche se la coorte dei nemici naturali associati ad essa è oltremodo esigua. Fra i predatori generici, la specie rinvenuta più frequentemente è il coleottero coccinellide Chilocorus bipustulatus, mentre fra i parassitoidi si sono intercettati esemplari di Scutellista caerulea (Hymenoptera Pteromalidae) a carico di femmine ovideponenti.
Ma la più diffusa e temuta malattia per gli olivi è quella portata dalla mosca olearia (Bactrocera oleae) che depone le uova nell’oliva, lasciando una depressione a contorno triangolare. Le larve poi scavano delle gallerie all’interno del frutto. In queste gallerie si sviluppano funghi e batteri che causano marciumi. I danni causati da B. oleae consistono dunque in perdite quantitative, e in un decremento qualitativo dell’olio che, a parità di cultivar, dipende principalmente dal tipo e dal grado di infestazione. Va ricordato che il perdurare di giornate estive caratterizzate da alte temperature, bassa umidità ed assenza di pioggia causano un’elevata mortalità delle uova e delle larve.
Per cercare di mettere un freno a queste malattie, di solito si fanno dei trattamenti durante l’anno a base di solfato di rame e di un olio specifico. Nell’ottica di fornire un contributo per i sistemi di difesa olivicola ecocompatibili e sostenibili, numerosi progetti sono nati come proposta di ricerca per la messa a punto di tecniche di lotta contro le infezioni di Pseudomonas savastanoipv. savastanoi, Spilocaea oleagina e Pseudocercospora cladosporioides Molti di essi hanno permesso il conseguimento di risultati utili al miglioramento della difesa integrata dell’olivo dalle principali avversità biotiche.

Rimedi naturali e prevenzione nella lotta alle malattie dell’ulivo

L’ulivo è una pianta molto robusta, e pur essendo numerosa la serie dei suoi nemici naturali, insetti, parassiti, funghi e batteri, la pianta in natura è in grado di difendersi da sola e di sopportare anche gli attacchi più pericolosi.

Tuttavia, in un ambiente dove la pianta è sfruttata produttivamente, e quindi in un ecosistema diverso e meno ospitale la pianta può essere più sensibile e maggiormente indifesa. L’habitat naturale è quindi molto importante, per esempio mantenere intorno agli uliveti l’ecosistema rappresentato dalla macchia mediterranea e dalla vegetazione autoctona permette che si sviluppino insetti ed altri nemici naturali dei potenziali parassiti, che in questo modo ne limitano la presenza e la pericolosità.

La prevenzione comunque rappresenta la miglior difesa, il monitoraggio della presenza di parassiti permette per tempo di agire e di correre ai ripari prima di dover far ricorso alla chimica.

Tra le più comuni tecniche naturali l’individuazione dei nemici naturali del parassita, che possono venire introdotti nelle coltivazioni al fine di attaccare gli agenti infestanti. Oppure l’irrorazione di sostanze zuccherine anch’esse in grado di attirare gli insetti che si nutrono di larve e uova dei parassiti.

Non mancano le trappole, che contengono i ferormoni, le sostanze emesse dall’insetto come richiamo sessuale, che opportunamente piazzate possono essere un ottimo metodo per catturare un diverso numero di insetti, utile soprattutto per quelli che in certi periodi dell’anno depongono le loro uova su foglie frutti e fiori.

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Evitare l’umidità eccessiva, e potare la pianta in modo da eliminare eventuali microclimi favorevoli allo sviluppo di agenti infestanti ed insetti nocivi rappresentano, insieme con la coltivazione di alberi bassi, per poterne raccogliere tutta la produzione fruttifera, e potature mirate sono ulteriori accorgimenti per migliorare la salute ed il vigore della pianta.

La mosca dell’ulivo

La mosca dell’ulivo è diffusa ovunque vi sia la coltivazione delle piante, che servono all’insetto per la nidificazione e per il nutrimento delle larve. La sua diffusione è condizionata da una serie di fattori, alcuni assolutamente naturali, come il clima e dall’umidità, che ne favoriscono lo sviluppo, la seconda dalla qualità stessa e dal metodo di coltivazione delle piante.

Lungo le zone costiere e le pianure la mosca trova un habitat favorevole, grazie al clima mite, alla maggiore umidità, ed al fatto che le piante sovente si sviluppano molto in altezza, così che molti frutti restano sulla pianta invece di essere raccolti, dando così l’opportunità alla mosca di trovare i frutti su cui deporre le uova.

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In collina e nelle zone interne, dove le piante, anche per ragioni climatiche sono di più modeste dimensioni in genere tutti i frutti vengono raccolti, privando così la mosca della possibilità di deporre.

La larva della mosca penetra all’interno dell’oliva e lì prosegue il suo sviluppo, nutrendosi della polpa e scavando una nicchia all’interno di questo all’altezza del nocciolo. Quando ha raggiunto lo stadio detto dell’impupamento, ovvero quando si avvolge nella crisalide, resta nel frutto se l’oliva è ancora verde, oppure si lascia cadere fuori dal frutto per continuare il suo sviluppo al suolo.

Il danno che provoca è soprattutto quello ai frutti, che possono cadere prematuramente, oppure, ancora più grave, possono compromettere la produzione dell’olio, aumentandone il grado di acidità.

Per la lotta alla mosca dell’ulivo si ricorre essenzialmente alle trappole che catturano efficacemente le mosche femmine in procinto di deporre, oppure irrorando il fogliame con sostanze zuccherine avvelenate con il piretro naturale. Esiste un insetto che è nemico naturale della mosca, l’opius concolor che si può diffondere sulle colture. La larva si sviluppa all’interno del frutto, e quindi non è possibile ricorrere a prodotti chimici perchè questi dovrebbero penetrare nei tessuti del frutto per essere efficaci e ciò non è ammesso per legge, e corromperebbe la qualità dell’oliva.

La rogna dell’ulivo

La rogna dell’ulivo è una delle principali malattie di carattere batterico che affliggono la pianta. Il batterio, dalla forma di un bastoncino allungato con piccoli tentacoli alle due stremità è in grado di creare numerosi problemi a foglie rami e radici.

La sua azione si esplica con l’insediamento del batterio all’interno di ferite, che possono essere lacerazioni o lesioni dovute alla battitura, (ecco perchè in molte regioni oramai non la si pratica più) oppure per colpa degli agenti atmosferici, come per esempio le grandinate, le screpolature provocate dal gelo, o la puntura di alcuni insetti per la deposizione delle uova.

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Il batterio si inserisce nella ferita e viene a contatto con le cellule vegetali, di cui deforma il naturale sviluppo, che si trasforma nella produzione di una sorta di tubercolo dall’apparenza verde e liscia che diventa in seguito legnosa. Un po’ prima che il tubercolo lignifichi del tutto il batterio fuoriesce per trovare una nuova sede da cui svilupparsi.

I danni consistono nel deperimento generale della pianta, nella caduta del fogliame e dei rami maggiormente colpiti, ma anche i frutti, dopo la raccolta, produrranno un olio di qualità minore.

Tra i sistemi di lotta alla rogna dell’ulivo c’è soprattutto la prevenzione, con un attento monitoraggio delle colture, evitando in particolare di impiantare nuovi alberi in località particolarmente soggette a geli invernali, una delle cause maggiori di diffusione del batterio che penetra nelle screpolature.

Anche la potatura attuata in giornate particolarmente umide o piovose può essere un agente di infezione. In presenza della rogna si ricorre alla potatura dei rami colpiti, e, se i tubercoli sono relativamente pochi, li si può anche eliminare uno ad uno, avendo l’accortezza di disinfettare gli strumenti utilizzati e le ferite provocate con prodotti a base di rame.

L’occhio di pavone

Il cicloconio o occhio di pavone è una delle più gravi malattie provocate da funghi che possono colpire l’ulivo. All’aspetto l’infezione del fungo si presenta come un piccolo cerchio sulla parte superiore delle foglie, cerchio che con il tempo tende ad allargarsi cambiando di colore, dal centro marrone scuro si crea un alone più chiaro, che po’ essere giallo, rosso o verde-bruno, dai contorni talvolta netti e talvolta sfumati, che ricordano proprio l’”occhio” delle penne le pavone, da cui il nome gergale della malattia. L’occhio può diventare largo fino ad un millimetro, mentre invece è praticamente invisibile sui rametti, ma non per questo meno dannoso.

I funghi presenti sulle foglie, e, in misura minore anche sui frutti e sui rametti più giovani, provocano una rapida caduta di queste, che in alcuni casi può essere particolarmente dannosa, soprattutto se si verifica durante il ciclo primaverile, quando la caduta precoce del fogliame compromette la formazione delle gemme, e di conseguenza dei fiori e dei frutti.

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Le due generazioni del fungo si sviluppano nella primavera e nell’autunno, mentre non sono presenti nelle altre stagioni. Il fungo d’altronde cessa la sua attività e la sua diffusione sopra i 25° e sotto i 5-10 °, d in ambiente particolarmente umido, ecco perchè la diffusione della malattia può essere più comune nelle regioni del nord Italia piuttosto che in quelle del sud, connotate da stagioni più calde e secche.

La lotta all’infezione si attua in maniera preventiva, con il monitoraggio sulla salute della pianta ed attraverso delle potature di mantenimento molto accurate, ed evitando sistemi di irrigazione aerei, che creano un ambiente favorevole allo sviluppo del parassita. Se proprio bisogna ricorrere alla chimica si fa ricorso a sostanze a base di rame.

La lebbra delle olive

La lebbra delle olive si manifesta in autunno, il periodo delle maggiori precipitazioni atmosferiche in molte regioni.

La malattia è provocata da un fungo e solitamente si manifesta essenzialmente sui frutti, che in questo periodo dell’anno sono quasi giunti a maturazione, rappresentando un grosso problema per la produzione, perchè le olive colpite cadono prematuramente con una resa della raccolta ridotta e perchè in fase di produzione di spremitura producono un olio rossastro, di scadente qualità e molto torbido, con un alto grado di acidità.

All’aspetto i frutti colpiti si presentano macchiati da piccole pustole di forma tondeggiante, dalla superficie raggrinzita e dal colore bruno nerastro assai visibile, ed anche con pustole color marrone o rosato.

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Lo stesso avviene su foglie e rametti giovani quando anch’essi sono colpiti dall’infezione, ed anche le foglie infestate cadono come i frutti.

La lotta contro la lebbra dell’ulivo si effettua essenzialmente attraverso il lavoro di prevenzione, attuando cioè tutta una serie di monitoraggi che possano far intuire la presenza ed il grado di sviluppo dell’infezione.

Tra le lotte di tipo biologico sono consigliate tutte quelle operazioni che possano togliere il terreno di coltura al parassita, ovvero la presenza di microclimi umidi tra il fogliame, provvedendo a drenare l’acqua in eccesso sul terreno e sfoltendo con potature le chiome troppo fitte. Dal punto di vista chimico si ricorre a prodotti rameici, come la poltiglia bordolese oppure il clortalonil.

Le fumaggini

La fumaggine è composta da una serie di funghi che si sviluppano sulla pianta non perchè essa rappresenta la fonte di nutrimento necessaria al loro sviluppo, quanto perchè sulla pianta diverse pspecie di insetti, tra i quali la cocciniglia, emettono una sostanza dolciastra, la melata, sulla quale si sviluppano i funghi.

Dunque la presenza della fumaggine su una pianta è sempre determinata dalla presenza degli insetti che l’hanno prodotta, e sovente i danni causati sono da considerarsi come la somma dei danni provocati dal fungo e quelli operati dall’insetto. Il problema principale dello sviluppo della fumaggine su una pianta consiste essenzialmente nella diffusione delle colonie, che all’aspetto si presentano come una materia nerastra e polverosa che nel corso del tempo si inspessisce fino a consolidarsi in una vera e propria crosta. Diffondendosi sull’apparato fogliare questo strato impedisce un corretto lavoro alla foglia, non più in grado di effettuare la fotosintesi e di respirare, il che ne provoca l’avvizzimento e la caduta.

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Il frutto imbrattato di fumaggine poi è scarsamente considerato e subisce un notevole deprezzamento commerciale.

La fumaggine, e gli insetti che producono la melata si sviluppano essenzialmente in ambienti umidi, su alberi senza manutenzione e potature adeguate, con un sistema fogliare molto folto, che crea ambienti favorevoli allo sviluppo dei parassiti.

Ecco perchè una delle più efficaci forme di lotta è soprattutto la prevenzione ed il monitoraggio dello stato di salute della pianta, in maniera di intervenire prima di dover ricorrere a mezzi chimici, che sono comunque utilizzabili in caso di grossa infestazione, a base di rame o il sapone molle di potassio. Ma il ricorso alla chimica rappresenta comunque uno strumento complementare, da non intendersi come rimedio efficace. In ogni caso fatevi sempre consigliare da un esperto del settore.