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L’ulivo, pianta millenaria del paesaggio agricolo Pugliese, è stato sempre apprezzato per i suoi frutti e per l’olio che da essi si ricava. Simbolo di pace e longevità, l’olivo inizia il suo percorso di specie coltivata circa 6.000 anni fa, quando alla sua coltivazione si dedicarono i popoli semitico-camiti. È l’olio il prodotto principe dell’ulivo, fonte di luce e alimento con elevata conversione energetica, elemento simbolico delle grandi religioni monoteiste, unguento prezioso degli atleti olimpici. L’olio, al centro della dieta mediterranea cui si riconosce da ogni parte il primato alimentare per la salute umana.
L’importanza economica della coltivazione dell’ulivo in Puglia è di grande rilevanza, e la Provincia di Lecce produce oltre un terzo dell’olio pugliese; l’industria della trasformazione delle olive in olio in Puglia è presente con varie centinaia di stabilimenti di molitura tra oleifici sociali e frantoi privati, che si occupano della trasformazione dei prodotti dell’ulivo. Le varietà predominanti per la produzione di olio Pugliese sono la Cellina di Nardò e l’Ogliarola, mentre una minima produzione è costituita da varietà di ulivo di recente introduzione.
Nella maggior parte del terreni pugliesi gli ulivi sono allevati a pieno vento, con portamento assurgente e forme imponenti. Ciò non soltanto per tendenza varietale, ma perché si è cercato nel passato di ottenere dall’olivo anche grandi quantitativi di legna preziosa. Oggi un olivo presente in Salento, in particolare nelle campagne di Vernole, dell’età di 1400 anni, con una circonferenza della base di ben 14 metri, è stato simbolicamente donato alla Fist Lady americana la quale da sempre si batte per una campagna di alimentazione salutista, promuovendo una alimentazione ecosostenibile, sana e nel contempo gustosa e nutriente.
Anche l’ulivo pugliese ha i suoi esperti nel settore: persone specializzate che conoscono le caratteristiche fisiologiche dell’olio della Puglia e ne sanno riconoscerne pregi e difetti principali assaggiano l’olio degli ulivi pugliesi sfruttando i propri organi sensoriali. Il colore dell’olio a volte può indicare sfumature nel suo sapore, di solito l’olio più verde si presenta con aromi fruttati e sapori. All’assaggio, sono tipicamente utilizzati bottiglie piccole e dimensioni specifiche, colore blu cobalto, che impediscono che l’assaggiatore sia influenzato dal colore del liquido. Prima di gustare la dose d’olio, questi viene riscaldato per qualche secondo nel palmo della mano, in modo rilasciare l’aroma. L’assaggiatore quindi assume una parte del liquido nello stesso modo di un degustatore, odorando e diffondendolo con la lingua sulla bocca in modo da poterlo gustare e da poter incoronare l’ulivo migliore.

Uliveti secolari pugliesi

Gli ulivi secolari sono probabilmente il simbolo più conosciuto e diffuso della Puglia, sono i giganti delle campagne.
Furono i primi navigatori fenici e greci a diffondere la coltivazione degli olivi in questa zona dell’Italia meridionale, proseguita poi dagli Arabi e dai Romani.

Fin da subito ci si accorse delle numerose proprietà di questa pianta e dei numerosi doni che poteva regalare all’uomo: proprietà lassative e benefici per la coliciste, epatoprotettore, emolliente locale… Il decotto di foglie e corteccia viene utilizzato ancora oggi per combattere reumatismi, ipertensione arteriosa, emorroidi e per disinfettare piaghe e ferite. In farmacia entra a far parte di linimenti, pomate e unguenti. In campo cosmetico, l’olio di oliva serve per fare saponi. I noccioli delle olive sono un ottimo combustibile. Ecco perché dunque la pianta dell’olivo non si taglia mai.
Man mano che un olivo invecchia, diventa sempre più bello: il tronco, grigio-verde e liscio fino al decimo anno circa, diviene nodoso, scabro con solchi profondi e contorto ed assume colore scuro. Oggi ci sono piante di olivo che contano centinaia d’anni.
L’olivo più vecchio del mondo ha duemila anni e si trova nella città di Bar in Montenegro, anche se si ritiene che pure in Puglia siano numerosi gli olivi millenari. L’olivo più grande del mondo si trova nella frazione di Canneto, a Fara (tra Rieti e Roma): apparteneva ai monaci di Farfa, e fu acquistato nel 1870 dalla famiglia Bertini, pertanto si trova in una proprietà privata: vanta una circonferenza del tronco di 7 metri e 14 metri di altezza, e tanto di cartello che annuncia le sue dimensioni e la sua storia.

albero di ulivo secolare

albero di ulivo secolare

In Puglia si contano oltre 60 milioni di ulivi di cui 15 milioni sono ultracentenarie e cinque milioni di ulivi sono considerati secolari monumentali e sottoposti a particolare tutela.
Gli ulivi secolari, come quelli delle campagne di Ostuni o a Rodi Garganico, sono veri e propri monumenti viventi, da proteggere, conservare, difendere, perché ciò significa anche preservare quell’equilibrio di risorse, di flora, e di fauna tipiche della Puglia.
Muretti a secco che corrono lungo le vie d’accesso, antiche masserie restaurate, vegetazione rigogliosa, macchia mediterranea, aranceti, campi profumati di fiori, vigneti tra i campi, e distese infinite di oliveti secolari: è questa la Puglia, il tacco d’Italia.
Gli alberi pugliesi non sono solo patrimonio della Puglia ma dell’Italia, dell’Unione Europea e del mondo intero.

In Puglia una legge regionale disciplina la tutela, la manutenzione e valorizzazione di particolari piante di ulivi secolari di questa regione, con agevolazioni per gli agricoltori proprietari di ulivi monumentali che dovrebbero avere priorità nei finanziamenti regionali. La legge ne proibisce l’abbattimento, ma purtroppo negli ultimi anni si assiste ad un nuovo business: l’espianto e la vendita degli ulivi secolari che si acquistano, spendendo dai 2 a 8-10 mila euro a pianta, per arredare i giardini del nord Italia e dell’Europa centrale.
E se non vengono venduti, finiscono soffocati dal cemento.

L’ulivo nel Mondo

L’olio di oliva è il condimento da preferire in assoluto sia crudo, che per cucinare (il suo elevato punto di fumo ne fa uno dei condimenti più adatti per le fritture). L’olio di oliva ha anche un altissimo valore energetico (899 Kcal per 100 grammi).

Secondo quanto riportato nelle Sacre Scritture, l’ulivo era già presente nel mondo agli albori dell’umanità, infatti nel Vecchio Testamento l’ulivo è spesso menzionato, basti pensare alla colomba di Noè che tornò col rametto d’ulivo nel becco.
La zona di origine dell’olivo sembra essere in Asia Minore, e poi, attraverso popoli quali Fenici, Cartaginesi, Greci, e Romani si è diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo.
Secondo l’ipotesi di alcuni studiosi furono proprio i Romani ad introdurre l’ulivo in Francia, in Spagna, in Portogallo e in Inghilterra meridionale. In Italia l’olivo è stato diffuso da vari popoli mediterranei, inizialmente dai Fenici (in Sicilia) e dai Greci (nella Magna Grecia). Ma sono stati senza dubbio i Romani ad ampliare e potenziare la coltivazione.
Nel Nuovo Mondo, infine, gli ulivi sono stati introdotti nelle Antille subito dopo la scoperta del 1492 e fin dal 1560 si osservano uliveti in Messico, in Perù, in California, in Cile e in Argentina.

L'olivo, bello e generoso...

Oggi in Italia, ci sono circa seimila frantoi (ad eccezione della zona alpina e della panura Padana) soprattutto nel sud dove si produce quasi l’80% della produzione olivicola nazionale.
La Grecia destina circa il 60% della sua terra coltivata agli oliveti: è il principale produttore al mondo di olive nere.
La Spagna è il Paese con il maggior numero di piante di olivo (più di 300 milioni) con il 92% di oliveti dedicati alla produzione di olio (produzione annuale media tra 600.000 e 1.000.000 di tonnellate cubiche). Circa l’80% delle coltivazioni è concentrato in Andalusia ove la principale zona produttiva è Jaèn, e la più importante varietà di olivo è la Picual; la Catalogna produce maggiormente nella zona di Les Garrigues, dove la principale varietà è rappresentata dalla Arbequina.

Gli oli di oliva di tutto il mondo, ottenuti attraverso processi che non causano alterazioni dell’olio, vengono considerati come oli vergini e vengono classificati in: olio extra vergine d’oliva con acidità libera massima di 0,8g per 100g; olio vergine d’oliva con acidità libera massima di 2g per 100g; olio di oliva lampante con acidità libera massima superiore a 2g per 100g.

L’Unione Europea ha introdotto la Denominazione d’Origine Protetta (D.O.P.) a salvaguardare l’originalità e la territorialità della produzione di olio extravergine d’oliva.

Olea europaea

L’Olea europaea, l’olivo, è una specie sempreverde tipicamente mediterranea, che ha esteso notevolmente il proprio areale di diffusione.

E’ molto longevo e presenta tronco irregolare, contorto soprattutto negli esemplari vecchi. È una specie ad accrescimento lento, con legno durissimo impiegato per lavori di intarsio e ebanisteria, o come combustibile.
Le foglie sono semplici, lanceolate e opposte, hanno consistenza coriacea e presentano colore verde chiaro nella pagina superiore, argenteo nella pagina inferiore.
I fiori sono bianchi e poco appariscenti, ermafroditi e sbocciano da aprile a giugno.
Le forme selvatiche hanno rami spinescenti, foglie più brevi e frutti più piccoli e meno polposi.
Il frutto è una drupa ovale e oleosa, dapprima verde, poi più scuro. Le olive in natura sono molto amare a causa del contenuto in polifenoli: per renderle commestibili è necessario sottoporle a trattamenti specifici, ad esempio la fermentazione naturale, oppure metodi artificiali.

Per via del frutto commestibile l’olivo viene coltivato fin da tempi antichissimi, rappresentando un punto di forza per l’economia dei popoli mediterranei. Oggi l’Italia è tra i maggiori Paesi produttori di olive nel mondo.
La pianta di Olea europaea è molto conosciuta nella omeopatia per le sue proprietà come febbrifuga, ipoglicemizzante, diuretica e, soprattutto, ipotensivante e per merito dell’oleuropeoside; inoltre è considerata spasmolitica ed antiossidante. Le foglie di olivo possono essere impiegate nelle forme di ipertensione arteriosa ove determinano ipotensione tramite un meccanismo di vasodilatazione periferica; riducono inoltre la viscosità ematica e facilitano la diuresi. Decotti sono impiegati per lavare piaghe o ferite e, come collutorio. Le gemme agiscono sui vasi arteriosi e a livello del metabolismo lipidico e glucidico.

Le olive di Olea europaea, da cui si ricava l’olio venivano un tempo raccolte tramite la bacchiatura cioè percuotendo le piante con una lunga e robusta pertica (bacchio) per farle cadere a terra: una tecnica superata perché dannosa per la pianta, ma ancora in uso in alcune zone dell’Italia meridionale.

In Puglia, si può ammirare il paesaggio dei trulli e le infinite distese di Olea europaea che forniscono oltre 490.000 tonnellate di olive e quasi 90 mila tonnellate di olio; in Calabria si annovaerano oltre 190mila ettari di oliveti, con 1.134 frantoi e una produzione di olive che supera sempre le 200mila tonnellate; in Campania si contano 8 milioni e mezzo di Olea Europea, e una produzione di olive che supera le 40mila tonnellate: le varietà più diffuse sono Ravece, Minucciola e Sessana; in Molise ben 13mila ettari sono dedicati a questa coltivazione e la produzione supera le 5 mila tonnellate; nelle campagna di Verona quella della coltivazione dell’olivo era un tempo la principale attività agricola esercitata in loco.

Innesto dell’ulivo

Con la normale riproduzione dell’olivo, non si ottengono piante da coltivare perché, a causa della diffusa autosterilità delle varietà, le piante di olivo che derivano dal seme sono diverse dalla pianta di origine, sono rinselvatichite.

Al limite possono essere utilizzate come portinnesto nella moltiplicazione delle cultivar.
L’ innesto dell’olivo deve essere effettuato nell’epoca giusta (in genere in primavera) e da personale esperto, affinché attecchisca, e dia buoni risultati.

Tra novembre e dicembre, si prelevano i semi (cioè i noccioli delle olive), e vengono usate particolari varietà, come “Frantoio”, “Leccino” o “Cipressino”. Alla fine dell’agosto successivo si mettono i noccioli nel terreno umido, protetto da vetrate, e a novembre si ha la germinazione. Essa si interromperà per riprendere nella primavera successiva, e tra aprile e maggio viene effettuato il trapianto in un’aiuola. Dopo un anno le piantine (dell’età di circa 18 mesi, grandi più o meno come una matita) sono pronte per essere innestate.

Oggi sono diffusi sistemi innovativi, che hanno di fatto rivoluzionato il processo produttivo delle piante di olivo, come l’innesto per approssimazione in cui si procura in maniera forzata l’accostamento e infine il contatto nel senso della lunghezza tra due rami o germogli di piante d’olivo diverse, non separati dalla pianta madre.

L’innesto a marza, ha bisogno invece delle piantine di 18 mesi sopra descritte, infatti si esegue asportando un rametto o una parte gemmifera da una piantina e mettendola poi a contatto con la parte interna della corteccia di un’altra pianta che fa da portainnesto; questo può avvenire secondo varie tecniche, che vengono definite “a spacco” (comune o inglese), se viene usata una sola marza, e “a corona”, se sul portainnesto si inseriscono più marze.
Il tipo di innesto comunemente usato per l’olivo è quello “a corona”.

La pianta portainnesto dev’essere “in succhio”, e la corteccia si deve distaccare facilmente per potervi porre una o più marze. Dopo l’innesto, viene scelto un solo germoglio proveniente dalla marza e legato ad un tutore per favorirne l’accrescimento verticale. Nella primavera successiva, le piante, che hanno ormai raggiunto un’altezza di circa 60 cm, vengono trapiantate in un appezzamento detto “piantonaio” disponendole ad una distanza maggiore, circa 1 metro per 50 cm. Poi verranno vendute.

Nell’innesto a scudo la marza è costituita da una porzione di corteccia a forma di scudo che viene inserita sotto la corteccia della pianta portainnesto in cui è stata praticata un’incisione a T e ne sono stati sollevati i lembi del taglio.

Per favorire l’attecchimento, dopo l’innestatura, si usano legacci di rafia, o rametti di salice; quindi, per evitare la penetrazione di umidità e di eventuali parassiti attraverso le ferite, si copre la zona dell’innesto con appositi mastici, che possono essere a base di cera gialla, o pece.

Impianto dell’oliveto

La pianta di olivo, che predilige i climi temperato-caldi, si caratterizza per l’elevata esigenza di illuminazione. Questo fattore è da tenere in considerazione al momento della scelta delle forme di coltivazione che si intendono portare avanti.

Nell’impianto di un oliveto, serve dare molta importanza anche alla specie che si intende allevare, e al clima, fattore che condiziona la resistenza delle piante alle diverse patologie: la difesa dalle patologie che potrebbero colpire l’oliveto rappresenta una scelta molto importante sia per l’ecologia della coltura, sia per una scelta economica.

Nella messa a dimora di un oliveto un ruolo importantissimo viene assunto dal tipo di terreno infatti un terreno senza aria sarebbe estremamente nocivo. Inoltre il terreno dev’essere ben livellato e spianato; se il terreno fosse in pendenza allora ci sarebbe bisogno di una sistemazione a terrazzamenti.
E’ necessario assicurare alle nuove piantine assenza di ristagni d’acqua, molto nocivi alle radici.
Per quanto riguarda il sottosuolo, se ci fosse roccia viva, converrebbe adoperare esplosivi per fessurare la roccia stessa e poter permettere un più facile accesso alle radici negli strati profondi; è necessario anche togliere le radici vecchie così da evitare il marciume radicale delle nuove piante.

La concimazione per un nuovo impianto, spesso viene trascurata; è necessario invece spargere correttivi e letame in superficie prima dell’impianto. Per l’olivo infatti è indispensabile la somministrazione di nutrienti che rappresentano una fonte di elementi necessari alla pianta per crescere e produrre frutti.

Nei nuovi impianti è diffusa la coltivazione a file. Le distanze tra le piante dipendono dalle varietà, dal sistema di allevamento, dalla zona e da molti altri fattori. Occorre infatti che le chiome degli olivi, quando hanno raggiunto il massimo sviluppo, non si tocchino.
In novembre-dicembre, si aprono delle buchette di 40 cm e si immettono le piccole piantine già munite di radici; buona norma sarebbe quella di immergere precedentemente le radici in un miscuglio di terra e letame.
Per la potatura, si ricorda che essa è una pratica indispensabile di cui un buon olivicoltore non può fare a meno. Al primo anno di impianto si recidono, lungo il fusto, gemme e rametti laterali e si diradano i nuovi germogli che hanno origine dalle branche principali. Al secondo anno si applica la potatura di formazione con la quale si conforma la chioma su una figura geometrica.

Il periodo estivo è sempre stato cruciale per le olive, in quanto in questo periodo gli attacchi parassitari, funghi ecc, si moltiplicano: da tenere sotto controllo la mosca delle olive , le larve di altri parassiti, ma sopratutto per alcune specie la lebbra delle olive, la cercospora, l’occhio di pavone.

Sapone di Aleppo, all’olio di oliva

Il sapone di Aleppo rappresenta uno di quei prodotti che hanno da sempre accompagnato la storia dell’uomo nel bacino mediterraneo. La sua origine si perde infatti nella notte dei tempi, e persino nella civiltà assiro babilonese si trovano tracce della sua presenza.

Il sapone di Aleppo è costituito esclusivamente di olio di oliva, al quale, in funzione cosmetica ma anche per le proprietà distensive ed emollienti viene aggiunto un olio essenziale ricavato dalla bacche di alloro.

La procedura di produzione del sapone di Aleppo rispetta ancora i tempi i ritmi e le modalità della tradizione, cuocendo a fuoco lento l’olio di oliva per diversi giorni a fuoco molto basso, aggiungendo la soda è, una volta raggiunta la consistenza pastosa, l’olio delle bacche di alloro. Una volta messo negli stampi e lasciato ad essiccare il sapone è pronto per essere distribuito.

La sua fama non deriva solo dalla morbidezza della schiuma e dal profumo, ma anche dalle sue proprietà cosmetiche e curative.

Da sempre viene infatti utilizzato non solo come detergente, applicabile anche sui capelli, ma anche come trattamento naturale per alcuni disturbi dermatologici, come allergie, eczemi e persino la psoriasi.

E’ la presenza dei principi attivi dell’alloro che favoriscono questo aspetto terapeutico, perchè contribuiscono a rendere la pelle maggiormente distesa e ad aprire i pori, lasciando la pelle meglio ossigenata.

Con il sapone di Aleppo si possono inoltre preparare ottime maschere cosmetiche per il viso, è utilizzabile anche come morbido sapone da barba e come repellente per insetti e tarme.

Parquet olivo

La scelta del pavimento in legno giusto per le proprie esigenze è molto complicata: il numero sempre maggiore di essenze rende molto vasta la gamma presente sul mercato.

Negli ultimi anni il pavimento realizzato con listelli di legno d’olivo (Olea europaea) ha assunto un ruolo rilevante nel mondo delle costruzioni, perché si tratta di un prodotto che soddisfa le esigenze estetiche, presenta una scarsa conducibilità termica, mantiene caldi d’inverso e freschi d’estate (buon isolamento termico), attutisce bene i rumori dovuti al calpestio (buon isolamento acustico), presenta buona durezza, offre una buona resistenza all’usura.
Il termine ”parquet in olivo” definisce una qualsiasi pavimentazione che abbia uno spessore minimo dello strato superiore in vero legno di olivo di almeno 2,5 millimetri.

Il taglio nel parquet in olivo non risulta molto agevole, l’inchiodatura deve essere preceduta da fori nel legno per evitare scheggiature, la levigatura risulta molto disagevole, ma ottimi sono i risultati di finitura.

L’albero dell’olivo non ha mai fusti grandi e dritti, quindi si ottengono solo piccoli pezzi irregolari. Passando da un ambiente ad un altro, tipo dal salone alla camera da letto, non è consigliabile cambiare la tecnica di posa o il tipo di essenza, e così la casa risulterà tutta in legno d’olivo, donando un effetto ancor più calorso ed accogliente. Di colore giallo bruno con striature di varia intensità di colori (l’alburno è giallognolo o bruno chiaro, il durame bruno cupo), renderà confortevole qualsiasi ambiente. Essendo alta la tendenza ad ossidarsi, tende ad uniformarsi verso un giallognolo cupo o rosa.
Le tavole in legno per il parquet in olivo, sono di vario tipo: olivo A-As con fibra mista molto varia, olivo zebrato con fibra con venature bianche, olivo bianco con fibra prevalentemente bianca, olivo C con fibra mista e nodi presenti su tutte le tavolette.

La tessitura finissima rende il parquet in olivo davvero elegante, piacevole alla vista e al tatto, dai bellissimi colori, venature e profumi.
Legno molto duro, l’olivo come parquet è l’ideale per i locali umidi, come il bagno e la cucina perchè oltre all’umidità sopporta bene anche gli sbalzi termici.

Il parquet pavimento massello in legno d’olivo è composto interamente in legno massiccio. E’ il parquet in legno d’olivo tradizionale per eccellenza.

Ne è garantita la durata nel tempo, con la possibilità di essere levigato più volte in caso di urti, rigature,ecc e possiede un isolamento termico considerevole. Ovviamente comporta una certa attenzione nella manutenzione, rendendolo quindi poco adatto ad ambienti con grande intensità di passaggio oppure in presenza di bambini ed animali.

Il legno dell’ulivo

Tra le tante qualità e risorse che sono rappresentate dall’ulivo una parte consistente è rappresentata dal legno di cui è fatto e la cui lavorazione si conosce da tempo immemorabile.

Persino la mitologia celebra le qualità del legno d’ulivo, come per esempio nel poema di Omero dedicato alle peripezie di Ulisse, l’Odissea, nel quale narra che l’eroe verrà accolto dalla sua tanto desiderata amata, Penelope, al termine del suo lungo viaggio, proprio in una camera che lo stesso aveva costruito per lei in legno d’ulivo, prima di partire per la lunga guerra di Troia.

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Il legno di ulivo si presenta duro e nodoso, molto spesso contorto, compatto e difficile da scalfire ed in grado di restare a lungo impermeabile alla penetrazione dei liquidi e degli odori, il che ne fa un materiale pregiato anche per l’uso in cucina.

Non è facile lavorare il legno d’ulivo, ma gli oggetti che vengono realizzati con questo hanno una bellezza considerevole, e hanno soprattutto la caratteristica di essere durevoli nel tempo.

Il colore del legno di ulivo è giallo-bruno, con forti venature più chiare ed altre più scure, che fanno di ogni oggetto realizzato in legno di ulivo un pezzo unico.

Nella lavorazione dell’ulivo vengono utilizzati i grossi rami, i tronchi e le radici, e prima di poterlo lavorare occorrono anche parecchi anni di stagionatura, che da sempre è stata fatta lasciando riposare le assi all’aria aperta protette dal sole e dall’acqua.

Ultimamente esistono anche forni che accelerano il processo di essiccazione, ma il prodotto finito non ha le stesse qualità del legno essiccato naturalmente.

L’ulivo nel cristianesimo

L’ulivo per i cristiani ha sempre rappresentato uno dei simboli più comuni, diffusi ed importanti, sia nelle celebrazioni liturgiche che come simbolo portatore di pace.

La sua presenza nel mito cristiano risale alle prime pagine della Bibbia, quando Noè, dopo la lunga navigazione sulle terre allagate dal diluvio universale riceverà dalla colomba un rametto di ulivo, a testimonianza che le terre, dopo il lungo periodo sotto le acque stavano piano piano riaffiorando.

Anche nel Vangelo l’ulivo ha una parte considerevole, come per esempio l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, salutato dalla popolazione festante che porta in mano rametti d’ulivo, evento questo che ancora oggi i cristiani ricordano con il dono dei rametti d’ulivo nel giorno della domenica delle Palme, che ricorda proprio quell’episodio del vangelo. E sarà proprio in un campo di ulivi, il Getsemani, poco distante dalla città vecchia di Gerusalemme, luogo che esiste ancora oggi e che è meta di molti pellegrinaggi, che si consumerà l’ultima giornata di Gesù da libero prima del tradimento di Giuda. Sembra inoltre che quello del Getsemani sia l’uliveto più antico del mondo.

Si narra persino alcuni ulivi, piante proverbialmente molto longeve, in Palestina siano ancora oggi gli stessi del tempo di Gesù.

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Lo stesso rametto d’ulivo presenzia poi ad altri momenti importanti delle celebrazioni del cristianesimo, come durante il battesimo, al momento del sacramento della cresima, e durante la nomina di vescovi e sacerdoti, così come l’olio santo usato nel battesimo e nell’estrema unzione è olio di oliva.

Il mito della nascita dell’ulivo ad Atene

L’ulivo per i greci ha sempre rappresentato un forte elemento simbolico, così come, da millenni una delle risorse principali dell’economia agricola insieme alla coltivazione dell’uva, tanto da averlo esportato in tutta l’area mediterranea, compresa l’Italia dove la coltura dell’olivo si è diffusa subito ed oggi rappresenta per alcune regioni, come la Puglia, una delle principali risorse produttive.

Tanto è stato importante l’ulivo per i greci che compare in molti miti e leggende antichissime, come quella che riguarda la nascita di Atene.

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Al tempo della nascita di quella che sarà la città più importante del mondo greco, gli abitanti dell’agglomerato urbano più grande dell’Attica e che ancora non aveva un nome decisero di affidare agli dei tale scelta, attraverso una sfida tra Poseidone ed Atena per chi sarebbe diventato il dio protettore della città. La disfida consisteva in un regalo che entrambi i contendenti avrebbero fatto agli abitanti, i quali avrebbero scelto quale dei due fosse il più gradito.

Poseidone piantando il suo tridente nel suolo ne farà scaturire l’acqua, un bene preziosissimo per gli ateniesi, i quali però resteranno delusi quando, assaggiandola, scopriranno che l’acqua sgorgata seppur di grande utilità era salmastra e quindi sgradevole da bere. Atena invece farà sorgere un ulivo sulla roccia dove oggi sorge il Partenone. L’ulivo rappresentava una risorsa importante per via dell’olio, del legname e del cibo che avrebbe prodotto, e gli ateniesi a quel punto non avranno più dubbi e sceglieranno la potente dea come patrona della città, a cui verrà anche dedicato il nome della stessa: Atene.