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La carie dell’ulivo

La carie dell’ulivo, chiamata anche lupa dell’ulivo, è una grave malattia che colpisce la pianta di ulivo, capace di bloccarne lo sviluppo e la crescita e portandola al totale deperimento.

E’ provocata da una serie di funghi che si sviluppano in quei punti della pianta che non sono protetti dalla corteccia, per esempio i tagli delle potature, oppure le crepe e le ferite provocate dal gelo.

La colonia fungina si sviluppa dalla ferita, ed il suo lavoro è riconoscibile dal fatto che la polpa dell’albero diventa friabile e priva di consistenza. I funghi continuano il loro sviluppo, andando a pregiudicare la salute della pianta che non riesce a crescere con la giusta armonia, e provocando così una produzione stentata sia di fogliame che di frutti.

Non esistono in commercio prodotti che possano contrastare chimicamente il fungo, una volta che esso ha attecchito, per cui l’unico metodo disponibile è quello di rimuovere la parte di legno attaccata dai funghi fino a che non si trova la polpa sana.

Rami e scarti devono essere accuratamente eliminati per evitare il contagio su altre piante.

E’ particolarmente importante la prevenzione per evitare la caria dell’ulivo: quando si effettua la potatura proteggere le ferite lasciate aperte, proprio per evitare che queste offrano il fianco all’attacco fungino.

Per questa ragione sono disponibili in commercio dei mastici appositi che si devono applicare sulle ferite.

Leptonecrosi

La leptonecrosi è una malattia che occorre alla pianta dell’ulivo quando questa si trova su un terreno povero di boro.

Questa sostanza chimica solitamente è presente in quantità sufficiente nel terreno, ma talvolta può accadere che, a causa con l’interazione con altre sostanze chimiche, come per esempio calcio e magnesio, talvolta esso non sia assimilabile dalla pianta in maniera sufficiente.

Il disturbo nella pianta si nota nel periodo di maggio, quando nelle parti più esterne della pianta i rametti assumono un aspetto tipico, detto “a palmetta”, e le foglie cominciano ad assumere una forma irregolare. In seguito il male progredisce facendo seccare i rami.

Un fenomeno che può essere oltremodo pericoloso perchè i rami indeboliti lasciano spazio all’aggressione di parassiti e funghi, che concorrono a peggiorare la situazione.

Anche i frutti, durante l’estate manifestano i sintomi del disturbo, seccandosi e pregiudicando in questo modo la raccolta.

Essendo una carenza di carattere chimico, che in genere si avvera con più probabilità in caso di terreno con PH superiore a 7,5, la leptonecrosi si combatte e si previene analizzando il terreno, e ripristinando qualora fosse insufficiente, il boro, sia nel terreno sia come irrorazioni all’apparato fogliare nei periodi antecedenti il processo di fioritura.

Eventuali rami disseccati e morti vanno assolutamente eliminati per evitare che essi offrano un punto di approdo ad ulteriori agenti nocivi.

Malattie dell’olivo: cotonello

Il cotonello è un minuscolo insetto della famiglia dei rincoti psillidi, il cui nome volgare, con cui è più facilmente conosciuto, deriva dal modo con cui manifesta la sua presenza sulla pianta, caratterizzata appunto dall’apparire di piccoli batuffoli lanosi che si sviluppano prevalentemente sulla cima dei germogli giovani posti sulla parte esterna della chioma.

E’ una delle malattie e delle infestazioni dell’ulivo che desta meno preoccupazione da un punto di vista del danno che provoca, perchè la sua presenza, pur andando a danneggiare i giovani frutti, è anche contrastata ampiamente dai tanti nemici naturali, in particolare alcune specie di coleotteri, e da altri insetti che lo parassitano.

Per questa ragione generalmente non lo si combatte con composti chimici o insetticidi, ma ci si limita ad evitare che esso possa trovare un ambiente favorevole al suo sviluppo.

Risulta quindi efficace in primo luogo eliminare il più possibile quei punti in cui la pianta offre un ambiente umido, dove esso si sviluppa e si moltiplica più facilmente.

E’ anche questa la ragione per cui nei climi più aridi ed asciutti l’attacco dell’insetto spesso termina con l’avvento della stagione più calda.

Il danno maggiore che può provocare l’insetto è provocato sia dall’adulto che si insedia sui giovani germogli, e dalle larve che attaccano i frutti nel periodo del loro primo sviluppo.

In questo modo, se l’attacco è massiccio, la produzione della pianta potrebbe venirne pregiudicata.

Punteruolo dell’ulivo

Il fleotribo, noto anche come punteruolo dell’ulivo, è un coleottero che non supera i 2-2,5 centimetri di lunghezza, e costituisce uno dei parassiti più comuni negli alberi d’ulivo, soprattutto in quelli che sono meno in salute, per esempio danneggiati da una gelata oppure da un periodo di lunga siccità.

Il coleottero utilizza infatti le parti dell’albero in cui risulta più ridotta la circolazione della linfa.

Nella corteccia prevalentemente la coppia di coleotteri scava una galleria, che ha un duplice scopo, da un lato rappresenta la camera nuziale, dove avverrà l’accoppiamento, ed in seguito, grazie ad un ulteriore prolungamento il coleottero appronta la camera dove verranno depositate le uova.

Il danno alla pianta è determinato in due diversi periodi dello sviluppo dell’insetto. Questo infatti, allo stato di larva, attacca, mangiandolo il legno, continuando a scavare gallerie che contribuiscono ulteriormente a danneggiare e ad indebolire la pianta già provata.

Appena giunti alla fase adulta il punteruolo è molto più vorace , e quindi in grado di attaccare anche le parti sane della pianta, come i rami più giovani e robusti, nei quali essi scavano le loro gallerie.

Per combattere il punteruolo il metodo migliore consiste nel mantenere la pianta in stato di salute ottimale, procedendo quindi ad eliminare da questa parti danneggiate o indebolite, che dovranno poi essere accuratamente bruciate, perchè i rami secchi e morti possono essere ricettacolo di una nuova generazione di parassiti.

Oziorrinco

L’oziorrinco, Otiorrhynchus cribricollis il nome scientifico, è uno dei parassiti più comuni e fastidiosi per diverse colture, non solo per ulivo e vite, ma anche diversi alberi da frutto e piante ornamentali.

Il danno che apporta il piccolo coleottero è duplice, perchè sia allo stadio larvale sia in quello adulto esso si nutre della pianta.

Nella fase larvale sono le radici ad essere attaccate, ed in questo caso il danno che provoca alla pianta dell’olivo non è così serio come per altre piante meno robuste.

Nella fase adulta invece l’insetto è particolarmente dannoso perchè la sua attività principale è quella di nutrirsi delle giovani foglie.

Un danno che se nelle piante ornamentali può essere anche solo di carattere estetico, va anche a compromettere la capacità della pianta, che vede ridotta la sua superficie fogliare, di attuare in maniera efficiente la fotosintesi, pregiudicando così la crescita della chioma.

L’insetto attacca anche i germogli ed i piccioli di frutti e foglie, che possono così cadere anzitempo.
La lotta all’oziorrinco viene effettuata attraverso trattamenti chimici, meccanici e biologici.

Per i primi si utilizzano insetticidi a base di fosforo (esteri fosforici), somministrati sia sui rami giovani sia, soprattutto alla radice, nel tentativo di eliminare larve ed insetti adulti che trovano lì il loro rifugio.

La lotta meccanica consiste nel piazzare delle bande adesive intorno al tronco, per intrappolare l’insetto che attraverso il tronco raggiungono l’apparato fogliare.

La lotta biologica viene invece effettuata con l’utilizzo di parassiti dell’insetto che attaccano e distruggono le larve.

La tignola dell’ulivo

La tignola dell’ulivo è un piccolo lepidottero che si trova in generale in tutta l’area di coltivazione degli ulivi, che generalmente non è in grado di creare danni notevoli se non, in alcuni casi di maggior diffusione, la caduta precoce delle drupe, il frutto dell’olivo

L’infezione maggiore viene causata dalle larve in due momenti distinti della stagione, verso giugno luglio, quando le larve penetrano nei frutti, ed a settembre quando le stesse larve fuoriescono dal frutto.

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La tignola ha uno sviluppo durante il corso dell’anno scandito da tre successive generazioni, la prima che si sviluppa sui fiori a giugno, la seconda quando l’insetto depone le uova sul frutto, e la terza in autunno quando depone sulle foglie.

La prima delle generazioni, quella cioè che si sviluppa nel mese di giugno a spese dei fiori e non provoca gravi danni, la seconda invece risulta la più dannosa di tutte perché colpisce il frutto. Le uova di questa generazione con le larve penetrano dalla zona peduncolare scavando poi una galleria fino a raggiungere il centro della drupa. Il frutto si indebolisce e quando la larva esce cade. A maturità abbandonano il frutto e si incrisalidano nel terreno o nelle screpolature della corteccia.

La terza generazione si sviluppa nel corso dell’inverno e si concentra sulle foglie. Le larve infatti scavano gallerie sul fogliame più giovane, ed in primavera attaccano i germogli più giovani dove si chiudono in crisalide.

Per la lotta alla tignola si usano essenzialmente trappole a feromoni da posizionare durante il periodo di sfarfallamento, e, solo in caso di un’infestazione ragguardevole si interviene con prodotti chimici, come fenitrothion, e acephate.

Rimedi naturali e prevenzione nella lotta alle malattie dell’ulivo

L’ulivo è una pianta molto robusta, e pur essendo numerosa la serie dei suoi nemici naturali, insetti, parassiti, funghi e batteri, la pianta in natura è in grado di difendersi da sola e di sopportare anche gli attacchi più pericolosi.

Tuttavia, in un ambiente dove la pianta è sfruttata produttivamente, e quindi in un ecosistema diverso e meno ospitale la pianta può essere più sensibile e maggiormente indifesa. L’habitat naturale è quindi molto importante, per esempio mantenere intorno agli uliveti l’ecosistema rappresentato dalla macchia mediterranea e dalla vegetazione autoctona permette che si sviluppino insetti ed altri nemici naturali dei potenziali parassiti, che in questo modo ne limitano la presenza e la pericolosità.

La prevenzione comunque rappresenta la miglior difesa, il monitoraggio della presenza di parassiti permette per tempo di agire e di correre ai ripari prima di dover far ricorso alla chimica.

Tra le più comuni tecniche naturali l’individuazione dei nemici naturali del parassita, che possono venire introdotti nelle coltivazioni al fine di attaccare gli agenti infestanti. Oppure l’irrorazione di sostanze zuccherine anch’esse in grado di attirare gli insetti che si nutrono di larve e uova dei parassiti.

Non mancano le trappole, che contengono i ferormoni, le sostanze emesse dall’insetto come richiamo sessuale, che opportunamente piazzate possono essere un ottimo metodo per catturare un diverso numero di insetti, utile soprattutto per quelli che in certi periodi dell’anno depongono le loro uova su foglie frutti e fiori.

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Evitare l’umidità eccessiva, e potare la pianta in modo da eliminare eventuali microclimi favorevoli allo sviluppo di agenti infestanti ed insetti nocivi rappresentano, insieme con la coltivazione di alberi bassi, per poterne raccogliere tutta la produzione fruttifera, e potature mirate sono ulteriori accorgimenti per migliorare la salute ed il vigore della pianta.

La mosca dell’ulivo

La mosca dell’ulivo è diffusa ovunque vi sia la coltivazione delle piante, che servono all’insetto per la nidificazione e per il nutrimento delle larve. La sua diffusione è condizionata da una serie di fattori, alcuni assolutamente naturali, come il clima e dall’umidità, che ne favoriscono lo sviluppo, la seconda dalla qualità stessa e dal metodo di coltivazione delle piante.

Lungo le zone costiere e le pianure la mosca trova un habitat favorevole, grazie al clima mite, alla maggiore umidità, ed al fatto che le piante sovente si sviluppano molto in altezza, così che molti frutti restano sulla pianta invece di essere raccolti, dando così l’opportunità alla mosca di trovare i frutti su cui deporre le uova.

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In collina e nelle zone interne, dove le piante, anche per ragioni climatiche sono di più modeste dimensioni in genere tutti i frutti vengono raccolti, privando così la mosca della possibilità di deporre.

La larva della mosca penetra all’interno dell’oliva e lì prosegue il suo sviluppo, nutrendosi della polpa e scavando una nicchia all’interno di questo all’altezza del nocciolo. Quando ha raggiunto lo stadio detto dell’impupamento, ovvero quando si avvolge nella crisalide, resta nel frutto se l’oliva è ancora verde, oppure si lascia cadere fuori dal frutto per continuare il suo sviluppo al suolo.

Il danno che provoca è soprattutto quello ai frutti, che possono cadere prematuramente, oppure, ancora più grave, possono compromettere la produzione dell’olio, aumentandone il grado di acidità.

Per la lotta alla mosca dell’ulivo si ricorre essenzialmente alle trappole che catturano efficacemente le mosche femmine in procinto di deporre, oppure irrorando il fogliame con sostanze zuccherine avvelenate con il piretro naturale. Esiste un insetto che è nemico naturale della mosca, l’opius concolor che si può diffondere sulle colture. La larva si sviluppa all’interno del frutto, e quindi non è possibile ricorrere a prodotti chimici perchè questi dovrebbero penetrare nei tessuti del frutto per essere efficaci e ciò non è ammesso per legge, e corromperebbe la qualità dell’oliva.

La rogna dell’ulivo

La rogna dell’ulivo è una delle principali malattie di carattere batterico che affliggono la pianta. Il batterio, dalla forma di un bastoncino allungato con piccoli tentacoli alle due stremità è in grado di creare numerosi problemi a foglie rami e radici.

La sua azione si esplica con l’insediamento del batterio all’interno di ferite, che possono essere lacerazioni o lesioni dovute alla battitura, (ecco perchè in molte regioni oramai non la si pratica più) oppure per colpa degli agenti atmosferici, come per esempio le grandinate, le screpolature provocate dal gelo, o la puntura di alcuni insetti per la deposizione delle uova.

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Il batterio si inserisce nella ferita e viene a contatto con le cellule vegetali, di cui deforma il naturale sviluppo, che si trasforma nella produzione di una sorta di tubercolo dall’apparenza verde e liscia che diventa in seguito legnosa. Un po’ prima che il tubercolo lignifichi del tutto il batterio fuoriesce per trovare una nuova sede da cui svilupparsi.

I danni consistono nel deperimento generale della pianta, nella caduta del fogliame e dei rami maggiormente colpiti, ma anche i frutti, dopo la raccolta, produrranno un olio di qualità minore.

Tra i sistemi di lotta alla rogna dell’ulivo c’è soprattutto la prevenzione, con un attento monitoraggio delle colture, evitando in particolare di impiantare nuovi alberi in località particolarmente soggette a geli invernali, una delle cause maggiori di diffusione del batterio che penetra nelle screpolature.

Anche la potatura attuata in giornate particolarmente umide o piovose può essere un agente di infezione. In presenza della rogna si ricorre alla potatura dei rami colpiti, e, se i tubercoli sono relativamente pochi, li si può anche eliminare uno ad uno, avendo l’accortezza di disinfettare gli strumenti utilizzati e le ferite provocate con prodotti a base di rame.

L’occhio di pavone

Il cicloconio o occhio di pavone è una delle più gravi malattie provocate da funghi che possono colpire l’ulivo. All’aspetto l’infezione del fungo si presenta come un piccolo cerchio sulla parte superiore delle foglie, cerchio che con il tempo tende ad allargarsi cambiando di colore, dal centro marrone scuro si crea un alone più chiaro, che po’ essere giallo, rosso o verde-bruno, dai contorni talvolta netti e talvolta sfumati, che ricordano proprio l’”occhio” delle penne le pavone, da cui il nome gergale della malattia. L’occhio può diventare largo fino ad un millimetro, mentre invece è praticamente invisibile sui rametti, ma non per questo meno dannoso.

I funghi presenti sulle foglie, e, in misura minore anche sui frutti e sui rametti più giovani, provocano una rapida caduta di queste, che in alcuni casi può essere particolarmente dannosa, soprattutto se si verifica durante il ciclo primaverile, quando la caduta precoce del fogliame compromette la formazione delle gemme, e di conseguenza dei fiori e dei frutti.

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Le due generazioni del fungo si sviluppano nella primavera e nell’autunno, mentre non sono presenti nelle altre stagioni. Il fungo d’altronde cessa la sua attività e la sua diffusione sopra i 25° e sotto i 5-10 °, d in ambiente particolarmente umido, ecco perchè la diffusione della malattia può essere più comune nelle regioni del nord Italia piuttosto che in quelle del sud, connotate da stagioni più calde e secche.

La lotta all’infezione si attua in maniera preventiva, con il monitoraggio sulla salute della pianta ed attraverso delle potature di mantenimento molto accurate, ed evitando sistemi di irrigazione aerei, che creano un ambiente favorevole allo sviluppo del parassita. Se proprio bisogna ricorrere alla chimica si fa ricorso a sostanze a base di rame.