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Crolla in Italia la produzione dell’olio nel 2014, prezzi in aumento

Crolla in tutto il mondo il mito italiano degli ulivi, che la storia dell’uomo ci ha consegnato come simbolo di resistenza, pace, saggezza: è diminuita la produzione di olio di oliva per effetto della riduzione dei raccolti e questo sul mercato avrà grandi ripercussioni, corrispondendo a un forte aumento dei prezzi dell’extravergine. La quotazione di un quintale d’olive oggi si aggira intorno ai cento euro e questo significa che l’olio d’oliva costa una euro al chilo, in un momento in cui la qualità non è quella delle annate migliori. Ma la produzione è diminuita anche in Spagna, che sofferto per le scarse precipitazioni in Andalusia, la principale regione produttrice.

Albero di Ulivo secolare

In Italia ci sono oltre 300 diverse varietà di olive, ognuna con una propria storia, peculiarità, fisionomia in termini di gusto, sapore e qualità organolettiche; ogni territorio olivicolo ha una propria specifica tradizione e porta sul mercato un prodotto che si differenzia dagli altri. Venti anni fa l’Italia era il primo produttore al mondo, poi è diventata seconda, e quest’anno scenderà ancora di più, il raccolto si prevede infatti abbondante in altri Paesi, per esempio in Grecia.

In Italia, l’estate piovosa, le temperature altalenanti, forti grandinate, trombe d’aria che hanno sradicato olivi, hanno minato la qualità di moltissime coltivazioni di olive, il simbolo dell’intero Mediterraneo, stroncando fioriture, dimezzando le alligagioni, alterando le invaiature. Ci sono altri danni, meno spettacolari ma altrettanto gravi, come i corsi d’acqua ostruiti dalle costruzioni che riversano nelle città le acque piovane che non possono più defluire naturalmente verso il mare. Non da ultimo la responsabilità di una minore produzione olivicola è anche di una ‘mosca olearia’ che quest’anno ha distrutto molti raccolti a causa dell’elevata umidità. Insieme a questi fattori c’è anche da dire che la salute degli ulivi è peggiorata: se da una parte è vero che le malattie degli olivi sono sempre esistite, a fare la differenza è la capacità di resistere all’attacco, e oggi gli olivi risultano fortemente indeboliti: i pesticidi come è noto abbassano le difese immunitarie delle piante.

ulivo-olioPer quanto le aziende olearie fossero abituate ad affrontare situazioni di emergenza (tanto che negli anni hanno sviluppato una grande esperienza nell’accostamento di oli diversi per ottenere prodotti di qualità attraverso l’arte del blending o miscelazione), insieme all’olio crollano certezze, viene meno un mito, un fondamento identitario. La stagione nera dell’olio ha colpito la Liguria, ove per avere nuovamente le gustose olive in salamoia, famose non per strategie di marketing ma proprio per la loro bontà, bisognerà aspettare il 2016. Ha colpito la Toscana, ove lo scenario 2014 dell’oro giallo, pilastro dell’economia, oltre che simbolo della qualità del territorio, è drammatico a causa della Bactrocera, infida mosca che ha fatto marcire le olive sui rami. Ha colpito l’Umbria dove il picco di sole nei momenti decisivi della fioritura ha compromesso i raccolti. In Puglia, in particolare in Salento, si prevede il calo più sensibile: qui, dove la quantità fa il paio con la qualità, molte aziende soffriranno per una stagione partita male anche perchè la regione è stata colpita dal flagello del batterio killer della Xylella, soprattutto nel leccese, che ha aggiunto, ai danni del clima, un ridimensionamento delle rese fino al 50%.

Ora il rischio è la concorrenza del prodotto straniero soprattutto di Grecia e Tunisia, ma anche dal Nord Africa e dal Medio Oriente: le importazioni di olio di oliva sono aumentate (si teme giungeranno a un valore pari al doppio di quello nazionale) ma la mancanza di trasparenza in etichetta ne impedisce il riconoscimento, non permettendo ai consumatori scelte di acquisto consapevoli. I consumatori dovrebbero prestare molta attenzione all’etichetta, e scegliere una delle 43 designazioni di origine riconosciute dall’Unione Europea. Solo dal 13 dicembre 2014, entrerà in vigore la nuova etichettatura europea dell’extravergine, che fornirà informazioni più trasparenti, garantendo così maggiore libertà di scelta.

Il mercato rischia da un lato di essere invaso dalle produzioni che non rispondono agli standard qualitativi e di sicurezza alimentare, ma il rischio è anche costutito dalle truffe, perchè aumenteranno le produzioni contraffatte, nonostante l’Italia abbia moralizzato il settore per contrastare le frodi e le falsificazioni. Occorre dunque più che mai applicare le importanti modifiche alla disciplina introdotta dalla legge salva-olio approvata nel febbraio 2013, che prevede severe misure di repressione e contrasto alle frodi e di valorizzazione del vero “Made in Italy”. L’olio extra vergine italiano possiede il primato della qualità e questo non è avvenuto per caso.

Per contrastare il crollo della produzione dell’olio, soprattutto serve non affidarsi più a “quello che facevano i nonni” ed avere coraggio; occorre che i controlli siano stringenti su tutti gli anelli della filiera, anche se ciò corrisponderà ad un più gravoso impegno economico. Ma ci sono tutte le condizioni per formulare una serie di iniziative di grande spessore, a cominciare proprio da una politica di filiera, per rimettere l’Italia al centro della olivicoltura internazionale, come è sempre accaduto in passato.

Il Male Oscuro, una nuova fitopatologia minaccia gli olivi del Salento

Indagini sporadiche in diversi oliveti Salentini hanno evidenziato una presenza sempre più diffusa ed esponenziale di una fitopatologia causata molto probabilmente da una evoluzione del rodilegno giallo (comunemente detta farfallina gialla o falena leopardo, zeuzera pyrina), nella zona sud-occidentale, tra gli oliveti della costa ionica, e in particolare a Parabita (dove sono stati segnalati i primi focolai della patologia), Taviano, Racale, Ugento, Melissano, Gallipoli, Casarano, Galatina, Nardò. La nuova sottospecie del rodilegno giallo, indebolendo gli olivi, ne avrebbe causato l’attacco da parte di funghi che portano a imbrunimento del legno, e da parte del batterio Pseudomonas.

albero di ulivo secolare

albero di ulivo secolare

Già dall’aprile 2013 a causa dell’espandersi di forti infezioni di questa fitopatologia (nominata “Male Oscuro”) anche in oliveti ben tenuti, la chioma verde di molti olivi appariva improvvisamente striata di chiazze marroni, come se un fuoco avesse seccato alcune porzioni del fogliame. E’ proprio in primavera infatti che le larve completano la metamorfosi in crisalide, e nel frattempo hanno scavato lunghe gallerie verso i rami più alti e teneri, spostandosi continuamente. Sono le larve a causare i danni maggiori e si riconoscono dalla presenza degli escrementi di colore rossastro in prossimità delle entrate delle gallerie.

La salute dell’olivo è l’aspetto che più interessa ed appassiona gli olivicoltori, un rapporto diretto, fisico, tra l’uomo e la pianta, qualcosa che travalica il semplice fine produttivo per sconfinare quasi in una forma d’amore che trae origine dalle radici stesse della tradizione popolare salentina. Ora, con l’autunno appena cominciato, tutti gli oliveti, da quelli delle grandi aziende olearie a quelli delle più piccole masserie, avrebbero dovuto popolarsi di intere famiglie coadiuvate da amici e braccianti impegnati nella stessa identica raccolta a cui le campagne salentine assistono da secoli, ma pare che quest’anno non possa essere così, a causa degli ingenti danni provocato dalla fitopatologia della falena leopardo, che ha “bruciato” gli olivi.

I cambiamenti climatici cui si sta assistendo, come l’aumento delle temperature medie e delle piogge autunnali, ma anche gli eventi estremi sempre più frequenti come le abbondanti precipitazioni, insieme alla grave crisi economica del comparto che ha reso insostenibili i costi delle potature necessarie per ridurre l’insorgere di patologie, hanno probabilmente consentito il diffondersi incontrollato di questo insetto che vive all’interno dei rami e delle branche, in cui scava gallerie interrompendo il circolo linfatico fino a causare il seccume.

L’olivicoltura di oggi richiede un impegno ed una professionalità tali, senza cui risulta difficile intravederne la sopravvivenza. Il “Forum ambiente salute” ha sollevato il problema anche sui danni che l’espansione della fitopatologia potrebbe procurare: considerata l’importanza economica degli olivi del Salento, i danni riguarderebbero oltre all’agricoltura, anche l’erboristeria, il turismo e l’ambiente. E, oltre il Salento, tutta l’Italia centro-meridionale.

L’Osservatorio fitosanitario della Regione Puglia, il Dipartimento di scienze del suolo della pianta e dell’ambiente dell’Università di Bari, il Cnr, il Consorzio di difesa e dell’Ufficio provinciale dell’agricoltura di Lecce stanno già lavorando: il primo segno cui prestare attenzione è la presenza di rametti d’olivo molto giovani già disseccati. E’ possibile richiedere anche un intervento del Consorzio di difesa delle produzioni intensive provinciale: imprenditori agricoli, singoli privati, persone fisiche, giuridiche, enti, associazioni e imprese che operano in ambito agricolo, pretendono ora più che mai di sapere se il fenomeno è ancora limitato a soli pochi alberi, o se si hanno notizie diverse.

Solo approfondite analisi e indagini nei settori della Micologia, Batteriologia, Fitoplasmologia, Virologia, Entomologia e Acarologia, potranno dare un’idea su come porre rimedio al problema che sta colpendo gli olivi del Salento, e attivare progetti di innovazione per la salvaguardia dell’olivicoltura salentina a cominciare dall’eliminazione delle larve tramite una mirata lotta chimica. Il Salento in questo momento ha bisogno di ribadire l’importanza di un “rinnovo” nell’attività di filiera, con particolare riferimento ad alcuni aspetti relativi alla salute dell’olivo, attraverso il tentativo di “tradurre” determinati concetti tecnici, in un linguaggio comprensibile a tutti coloro che sono impegnati manualmente nel settore.

Video di aggiornamento Settembre 2014

Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo

Misure anticontraffazione, legge salva Olio funziona!

L’olio d’oliva è un alimento che non manca mai a tavola, grande protagonista e motore dello sviluppo economico di un sistema di imprese, grazie al suo alto valore rappresentato dalla qualità targata “made in Italy”. L’Italia è il baricentro della produzione di olio d’oliva di qualità del Mediterraneo, con una produzione media di 550 mila tonnellate all’anno delle quali tra le cinquanta e le centomila tonnellate provengono dalla Puglia (con 60 milioni di piante). L’ Italia, prima al mondo per ricchezza di cultivar da olio e da tavola, produce oli extra vergini di oliva dai sapori unici ed irripetibili.

Olio Extravergine di oliva

Olio Extravergine di oliva

Frodi e sofisticazioni, valutate oltre 1 miliardo di euro in Italia, mettevano a rischio questo patrimonio ambientale e occorreva alzare livello di contrasto a frodi e sofisticazioni, per bandire un olio venduto ad un prezzo maggiore per le supposte qualità. Il sistema dei controlli, con la cosiddetta “Legge Salva Olio”, ora funziona e il nostro Paese è la frontiera della legalità e della trasparenza a garanzia dei consumatori di tutto il mondo, per quanto riguarda l’origine certa e la qualità dell’olio extra vergine di oliva. In Italia è in vigore, ed è applicata dal 1 febbraio 2013, questa legge che stabilisce le norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, contrastando truffe e contraffazioni. La relatrice della norma è l’ On. Colomba Mongiello e la legge infatti è nota anche come “Legge Mongiello”: riguarda misure dei caratteri, del tappo antirabbocco e, su impulso dell’Antitrust, della regolamentazione delle vendite sottocosto, nonché l’inasprimento delle sanzioni a carico dei contraffattori.

La “legge salva olio” mette inquirenti ed investigatori nelle condizioni di poter operare in un quadro normativo più chiaro a tutela degli interessi delle imprese serie del settore e a garanzia del consumatore e di sventrare il mercato parallelo del falso. La “Legge salva olio” funziona: gli obblighi previsti per la chiarezza dell’etichettatura, le sanzioni severe contro la frode e la pubblicità ingannevole saranno fattore di tutela del reddito degli olivicoltori contro la concorrenza sleale sul prezzo. Ultimamente si sono sequestrate quattrocento tonnellate d’olio in frantoi di Puglia e Calabria; altre 60 tonnellate sono state sequestrate a più riprese in tir cisterna in transito nel nord barese; imprenditori ed altri privati indagati, sono stati accusati di frode alimentare a Trani per aver messo in commercio olii frutti di misture, ben lontani dagli standard di qualità attestati sulle confezioni. La legge salva olio” ha tutelato i consumatori anche quando a Monteriggioni (Toscana) sono avvenuti arresti per sofisticazione alimentare: le misure anticontraffazione hanno consentito una più diffusa e adeguata difesa dell’olio d’oliva italiano.

Ora l’intera Unione Europea sembrava voler sposare la linea italiana di una maggiore tutela e attenzione verso l’olio extra vergine d’oliva, anche se alcuni Paesi come Olanda e Inghilterra, produttori marginali, si sono opposti perchè troppo conservatori, troppo abituati a manipolare con la chimica, e non vorrebbero perdere gli enormi profitti garantiti dalla speculazione realizzata con le miscelazioni di prodotti anonimi e potenzialmente dannosi. Ma il Made in Italy va difeso: il buon cibo in Italia è considerato una strategia pari o superiore al patrimonio storico tra Km0, filiera corta, sostenibilità.

La ricchezza di sapori, negli ultimi anni sta alimentando anche il fenomeno del turismo dell’olio, tra visite ai frantoi, agriturismi , aziende agricole e vie dell’olio che tracciano il percorso del gusto di tante DOP (denominazione d’origine protetta) come l’Olio Extravergine di Oliva Dauno, e varie Igp (indicazione geografica protetta) già riconosciute dall’Unione Europea.

Premio Biol: quattro riconoscimenti alla Puglia

Premio Biol: vince un olio sardo, alla puglia 4 riconoscimenti (fonte antennasud.com)

BiolL’olio extravergine sardo “S. Andria” dell’Oleificio Sandro Chisu di Orosei in provicia di Nuoro ha vinto per il secondo anno consecutivo il Premio Biol, la manifestazione-concorso che ha posto a confronto in Puglia i migliori olii bio-extravergini da tutto il mondo. Il “S. Andria” è risultato il migliore assoluto dell’annata 2012 tra gli oltre 310 oli in gara giunti da 18 Paesi. La Puglia si è aggiudicata quattro premi: secondo posto per il “De Carlo” – monovarietale coratina di Bitritto, e terzo con il molfettese “Marcinase-Olio di Maria” di Gregorio Minervini, in ex aequo con il siciliano “Primo” dei Frantoi Cutrera di Ragusa. E sempre pugliesi sono i vincitori sia del BiolKids, l’Eccelso dell’andriese Agrolio, sia del BiolPack (miglior accoppiata etichetta-packaging assegnato da una specifica giuria di esperti in comunicazione e consumo), il fasanese “Pantaleo”, con i suoi materiali riciclabili ed il suo tris di etichette da colorare e spedire per una mostra online (premio speciale per l’innovazione della bottiglia allo spagnolo Cartijo de Suerte Alta). Tra i primi dieci il portoghese Risca Grande e lo spagnolo Rincon de la Subbetica. La proclamazione dei vincitori è avvenuta oggi nell’Oratorio Salesiano di Andria al termine dei lavori del BiolKids, progetto dell’Acu in cui un mini-panel di alunni delle scuole primarie ha affiancato i giurati internazionali per proclamare l’olio più piacevole per i giovani palati. La cerimonia di consegna dei premi si terrà il 26 marzo nella Camera di Commercio di Bari, in occasione del convegno inaugurale della “Settimana del bio in Puglia”.

(fonte antennasud.com)

Strategie di controllo della lebbra delle olive Colletotrichum gloeosporioides, C. acutatum

REGIONE PUGLIA
Area Politiche per lo Sviluppo Rurale

Strategie di controllo della “lebbra delle olive” Colletotrichum gloeosporioides, C. acutatum

L’approccio del controllo di una avversità parassitaria deve valutare tutti i fattori che ne determinano l’insorgenza, la diffusione e la gravità.

E’ necessario, pertanto, analizzare:

il sistema colturale oggetto della avversità;
le condizioni climatiche in cui si deve operare;
le operazioni colturali che si praticano e che possono influenzare lo sviluppo del parassita;
la biologia e la epidemiologia del parassita;
le sostanze attive in commercio e registrate per la coltura e l’avversità;
la convenienza economica nell’attivare le misure di controllo.

Le esperienze maturate nei diversi anni da esperti e tecnici che operano nel settore olivicolo consentono di stabilire allo stato attuale delle strategie di difesa integrata che consentono di contenere le infezioni della “lebbra delle olive” a valori percentuali di diffusione e di gravità tali da non destare preoccupazioni eccessive tra gli olivicoltori.
Le strategie di difesa integrata prevedono l’utilizzazione di tutti i i metodi che possano impedire, contenere e controllare il parassita; di seguito, pertanto, vengono riportate le misure fitoiatriche da adottare per il controllo e contenimento delle specie di Colletotrichum al momento riconosciute come agenti causali della lebbra.
Maggiore areazione della chioma: i parassiti fungini come Colletotrichum gloeosporioides e Colletotrichum acutatum hanno necessità di vivere in ambienti con un grado di umidità elevato. La pioggia rappresenta l’elemento scatenate delle infezioni, ma la presenza di microclimi umidi, nell’ambito della chioma della pianta, consente ulteriormente lo sviluppo del fungo. Per tale motivo una adeguata areazione della chioma mediante una corretta potatura almeno biennale, determina una minore persistenza della umidità sia sulle foglie che sulle drupe.

Interventi preventivi per ridurre l’inoculo presente nell’oliveto nei periodi di:

post allegagione (giugno)
accrescimento drupe (luglio)
pre invaiatura (settembre-ottobre).

Controllo chimico di altri parassiti dell’olivo che possono favorire la penetrazione del fungo nelle drupe, come la “mosca delle olive” che con le sue punture di ovideposizione determina ferite sull’epidermide delle drupe, consentendo la penetrazione di spore del fungo con conseguente sviluppo della malattie.

Sono, inoltre, in corso, ulteriori prove sperimentali per consentire la registrazione di altri prodotti fitosanitari ritenuti efficaci nei confronti di C. gloeosporioides e C. acutatum al fine di rendere disponibile un maggior numero di formulati commerciali con caratteristiche tecniche di maggiore penetrazione nella drupa e di minor dilavamento dalle piogge a cui, invece, sono soggetti i composti rameici.

CONTROLLO CHIMICO

Il controllo della malattia con prodotti chimici deve essere effettuato solo con sostanze attive registrate sulla coltura e sulla avversità; nel caso dell’olivo le esperienze sono rivolte nei confronti dei prodotti fitosanitari a base di rame con le sue diverse formulazioni commerciali.
Diverse sperimentazioni sono state effettuate dall’Osservatorio Fitosanitario della Regione Puglia e da Istituti Universitari della Facoltà di Agraria di Bari e di Foggia per definire il comportamento epidemiologico delle specie di Colletotrichum agenti della “Lebbra delle olive” e la strategie di controllo da adottare per il contenimento delle infezioni.
Allo stato attuale possono essere adottate strategie di controllo chimico con prodotti a base di rame, che necessariamente devono essere combinate, per ottenere una maggiore efficacia, con quanto riportato nella parte relativa alle misure agronomiche.
Distruzione del materiale infetto: l’elevata diffusione della malattia nelle aree olivicole costituisce fonte di continuo inoculo del fungo che va limitata con azioni di asportazione delle parti attaccate e distruzione delle stesse possibilmente con bruciatura nello stesso sito. Pertanto vanno incentivate le operazioni di asportazione dei rami infetti e quelle di raccolta e accantonamento delle olive infette e mummificate sia presenti sulla pianta che sul terreno, con immediata bruciatura.
Migliorare i sistemi di raccolta: l’incidenza della malattia cresce con l’avanzare della maturazione; costituisce, pertanto, buona norma effettuare la raccolta limitata ad una solo periodo anche utilizzando mezzi meccanici e in molti casi va optata la scelta di anticipare la raccolta in modo da sfuggire ai successivi cicli di infezione. La raccolta completa delle drupe o la eliminazione delle stesse dalla pianta riduce la presenza dell’inoculo del fungo. La raccolta prolungata da terra costituisce una pratica non idonea a contrastare la diffusione della malattia.

fonte: regionepuglia.it

Vedi Allegato Integrale
Lebbra delle Ulive

DISTRUZIONE DI OLIVETI SALENTINI: OGGI COME NEL 1915 di Antonio Bruno

“DISTRUZIONE DI OLIVETI SALENTINI: OGGI COME NEL 1915”
La crisi che sta attraversando il settore ricorda quella vissuta a cavallo della Prima Guerra Mondiale. L’agronomo: “Rinnovabile, solare ed eolico fruttano e oggi come allora si abbattono gli ulivi”
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di Antonio Bruno *

L’olio d’oliva extra vergine qualche giorno fa e per la precisione il 3 aprile veniva pagato al mercato di Andria all’ingrosso 2,75 euro al chilo. Se l’olio ha il marchio Dop (Denominazione d’origine protetta) oppure Igp (Indicazione geografica protetta) allora può arrivare a quasi 7 euro al chilo, ma di questo tipo di olio ce n’è davvero molto poco.

Il numero di piante di olivo per ettaro si aggira in provincia di Lecce, nel caso di impianto tradizionale, a 400. Producono mediamente 45 chili di olive. Dalle olive si ricava mediamente il 18% di olio per cui da un ettaro di oliveto si ricavano 18.000 chili di olive e quindi 3.240 chili di olio che se, è andato tutto bene, e sempre se risultasse tutto extravergine con i prezzi di qualche giorno fa, sarebbe venduto a 2,75 euro al chilo.

Ecco che, se tutto viene fatto a regola d’arte e l’annata è stata buona, un ettaro di oliveto fornisce al proprietario una produzione lorda pari a circa 9.000 euro. Dai 9.000 euro però bisogna togliere i costi di produzione e cioè le spese per le lavorazioni, la concimazione, la potatura, la raccolta e trinciatura della legna, la difesa dai parassiti, la raccolta, il trasporto e infine la molitura. Cosa resta? Leggiamolo dalle parole scritte dagli agricoltori di Martano domenica 25 gennaio 2009 e che anche quest’anno risuonano nel Salento leccese: “Produrre olio non conviene più”. Allora abbattiamo gli olivi del Salento e magari facciamone legna da ardere, con quel che costa il gas. Sebbene la Legge n.144/51 permetta solo l’abbattimento di cinque alberi di ulivo ogni biennio, quando sia accertata la morte fisiologica, la permanente improduttività o l’eccessiva fittezza dell’impianto da parte dell’Ispettorato provinciale dell’agricoltura, alla luce della crisi che sta attraversando il comparto olivicolo, si comunica all’Ispettorato la necessità di operare lo svellimento totale degli alberi di olivo presenti nei terreni di proprietà.

Tra l’altro in controtendenza rispetto alla linea perseguita dal governo regionale che, con la legge regionale n. 14 del 4 giugno 2007 recante “Tutela e valorizzazione del paesaggio degli ulivi monumentali della Puglia”, entrata in vigore il 7 giugno 2007, aveva inteso tutelare e valorizzare gli alberi di ulivo monumentali in virtù della loro funzione produttiva, di difesa ecologica e idrogeologica nonché in quanto elementi peculiari e caratterizzanti della storia, della cultura e del paesaggio regionale, cercando di porre un freno al fenomeno dell’espianto e commercio degli alberi, specie di quelli secolari.

Il motivo? “Le attuali condizioni di mercato”, aggiungono gli olivicoltori – che in assenza di nessun intervento istituzionale a sostegno della economicità aziendale, rendono passiva, deficitaria ed antieconomica la loro coltivazione ed il loro mantenimento ai fini agricoli. Dopo un secolo la storia si ripete, solo che nel 1918 chi aveva occasione di percorrere le campagne del Salento leccese non poteva fare a meno di restare sorpreso nel vedere il grande movimento rappresentato dalla distruzione di oliveti che si andava compiendo a partire dal 1915. Tale distruzione era senza tregua sia d’estate, sia in inverno e sia che gli alberi di olivo si trovassero in buono che in cattivo stato di vegetazione e che producessero o meno un buon quantitativo di olive.

Nel 1918 si sentivano i colpi secchi della scure amplificata nel silenzio che allora dominava le campagne, chi si avventurava per le strade rurali era investito dall’odore acre del fumo che si sprigionava dalle carbonaie che si incontravano in ogni dove nelle contrade del Salento leccese. E sempre percorrendo la rete viaria salentina si incrociavano ovunque lunghe file di carri stracarichi di legna.

Questa immagine di devastazione è stata la caratteristica del Salento leccese del 1915-18 che costituisce la prova della crisi gravissima che in quel periodo stava attraversando l’oliveto e l’olivicultura salentina. In quel periodo non c’era necessità di recarsi in campagna per poter vedere le migliaia e migliaia di metri cubi di legna d’olivo che si accatastavano nei pressi delle stazioni ferroviarie. Inoltre a Piazza delle Erbe era possibile vedere i carri ricolmi che formavano una lunga coda per aspettare uno dopo l’altro di poter essere pesati sulla bascula dell’Ufficio daziario.
Questa situazione era già evidente in tutto il Regno d’Italia e il governo di allora avuta chiara la situazione pubblicò un decreto luogotenenziale l’8 agosto del 1916 che aveva la funzione di moderare questa piaga del taglio senza scrupoli degli oliveti meridionali. Le norme per accordare la concessione del taglio degli olivi contenute in quel decreto erano troppo vaghe ed indeterminate al punto che due anni dopo, ovvero nel 1918, si poteva assistere a questo scenario devastante ed apocalittico di taglio dei veri e propri boschi d’olivo del Salento leccese.

Quel decreto imponeva la costituzione di commissioni che dovevano autorizzare o meno la distruzione degli olivi che però agivano senza criteri precisi tanto che alcune volte autorizzavano la distruzione di oliveti che avrebbero dovuto essere rispettati e altre volte vietavano il taglio di oliveti vecchi ed improduttivi.

I proprietari di oliveti del 1915-18 erano incentivati a divenire taglialegna dai prezzi altissimi dei combustibili legna e carbone e quindi non esitavano a chiedere lo svellimento dei loro oliveti. Gli astuti proprietari per fare in modo che la domanda di autorizzazione per il taglio fosse fondata e accettata dalla commissione hanno scritto interminabili motivazioni, alcune volte giuste, ma spesso le argomentazioni addotte erano solo dei pretesti, alcuni dei quali addirittura ridicoli.

La maggior parte degli olivicoltori giustificavano la loro domanda di svellimento per l’improduttività delle loro piante. Spergiuravano che la mancanza di produzione permaneva nonostante avessero impiegato tutti i mezzi messi a disposizione dalla tecnica e dalla scienza. Altri giustificavano la domanda di taglio con la volontà di trasformare l’oliveto in seminativo da destinare alla coltivazione del tabacco o del vigneto che a loro dire garantivano un reddito di gran lunga più elevato.

Altri dichiaravano di voler tagliare il loro oliveto per destinare il terreno alla coltivazione raccomandata allora dal governo ovvero quella dei cereali essendo che il paese ne aveva necessità essendo stato tanti anni in guerra. Infatti, in quel periodo il Governo raccomandava di aumentare quanto più era possibile la produzione di derrate alimentari. Tale argomentazione risultava altamente umanitaria e spesso inteneriva i cuori dei componenti della commissione ottenendo in tal modo l’agognata autorizzazione al taglio.

Ma le ragioni che allora fecero più presa sull’animo dei componenti della commissione furono quelle di salvaguardare la salute dei lavoratori, potatori e raccoglitrici di olive che potevano essere contagiati dalla malaria che imperversava in quegli anni in quegli oliveti. Tutti i motivi addotti hanno avuto un gran successo tanto che la commissione ha autorizzato il taglio del 90% degli oliveti dei proprietari che presentarono domanda di distruzione.

Per questi motivi nel 1918 il Governo si apprestava a licenziare un altro decreto in sostituzione di quello del 1916, ma mentre il Governo provvedeva c’era un’altra causa che dava davvero ragione ai proprietari di oliveti di distruggere tutto ed era l’istituzione in quegli anni del calmiere sugli oli. Col termine calmiere dal greco kalamométrion, si intende l’imposizione per legge di un tetto massimo ai prezzi al consumo per uno o più prodotti, solitamente di prima necessità. Questa misura venne presa dal governo per contrastare un aumento eccessivo dei prezzi causato dall’inflazione. Per questo motivo se prima di questa decisione a voler tagliare gli oliveti erano solo i proprietari di quelli infruttiferi o poco fruttiferi affascinati dal miraggio dell’alto prezzo della legna, dopo l’introduzione del calmiere anche i proprietari di oliveti produttivi si lasciavano trascinare dalla corrente.

Il produttore di olive e di olio del 1918 faceva un ragionamento molto semplice dopo aver fatto i calcoli sulle spese di coltivazione e di raccolta del prodotto e tenuto conto anche della produzione di olive che non è costante, arrivava alla conclusione di distruggere i suoi oliveti vendendoli per legna anziché ricavare olio. Questo poiché l’olio avrebbe finito con l’essere venduto a prezzo di calmiere ritenuto per quegli anni eccessivamente basso rispetto a quello di altri grassi commestibili.

Le notizie riportate sono state redatte dal Prof. Ferdinando Vallese che conclude la sua nota con l’affermazione che il problema non era di facile soluzione perché comunque si cercasse di risolverlo si urterebbero gli interessi dei proprietari se si propendesse per l’applicazione del calmiere e quelli dei consumatori se del calmiere si intendesse fare a meno. Ora come allora gli olivicoltori pur consapevoli che l’espianto indiscriminato di ulivi porterebbe alla deturpazione del paesaggio tipico del nostro territorio, non vedono altre soluzioni alla grave crisi che sta attraversando il settore, che mette in serio pericolo la loro sopravvivenza aziendale. L’albero di ulivo, emblema del paesaggio e della storia dell’economia salentina, corre il rischio di scomparire perché risulta antieconomico.

Oggi la legna e il carbone non rappresentano la “suggestione energetica”, oggi vanno il rinnovabile, il solare e l’eolico, fruttano tanti euro all’anno, da riuscire ora come allora a distruggere gli oliveti del Salento leccese. Ad oggi la Puglia occupa per le energie rinnovabili il primo posto in Italia per potenza installata con oltre 100 Megawatt. Tra eolico, fotovoltaico e biomasse, il Piano Energetico regionale (Pear) prevede l’installazione di poco meno di 5 mila Mw di potenza entro il 2016. L’obiettivo “minimo” fissato dal Pear, prevede l’installazione di almeno 200 MW, cioè il doppio del risultato raggiunto fino ad oggi. Questo vuol dire che siamo solo a metà dell’obiettivo considerato minimo. Ora come allora la crisi del mercato è affrontata dagli agricoltori vendendo ciò che hanno avuto dai loro padri per ricavare energia. Allora la situazione cambiò. E oggi? Cosa faranno gli olivicoltori di oggi con un prezzo dell’olio di 300 euro al quintale?

* Dottore agronomo

Fonte: LeccePrima.it  07/04/10

SOS ulivi secolari e muretti a secco: fermiamo gli uomini che rapiscono i paesaggi.

SOS ulivi secolari e muretti a secco: fermiamo gli uomini che rapiscono i paesaggi.

Il nostro Salento sta risentendo come pochi altri territori della grave crisi che attanaglia l’economia mondiale, e l’unica sua speranza di recupero sta nel rilancio del turismo, nella valorizzazione delle nostre risorse naturali, paesaggistiche ed architettoniche, che rappresentano il nostro vero patrimonio, che, senza falsa modestia, possiamo affermare come unico al mondo e quindi patrimonio dell’umanità.

Vi sono però in atto delle squallide speculazioni che, in violazione della normativa protezionistica posta in essere dalla REGIONE PUGLIA, ma soprattutto in violazione della nostra storia, del nostro patrimonio culturale e delle nostre tradizioni, rischiano di impoverire il nostro patrimonio paesaggistico, a vantaggio di pochi.

Giungono sempre più spesso, infatti, notizie di smantellamento di interi uliveti, composti anche di piante secolari, che vengono espiantati e portati altrove, molto spesso al Nord, ad abbellire le ville di qualche ricco speculatore. Non solo; vengono letteralmente smontati i muretti a secco, presenze caratteristiche del nostro territorio, e le pietre vengono anch’esse portate altrove, ad abbellire ville creando anomali paesaggi mediterranei magari in un contesto alpino. E così vengono sottratti i nostri caratteristici imbrici, come pure gli stessi conci di pietra leccese: intere antiche masserie vengono smontate e, in un gigantesco gioco di costruzioni, trasferite altrove.

C’è sicuramente chi da questo sporco traffico trae guadagni ingenti, ma certamente chi ci perde è tutto il Salento, il suo paesaggio, che viene trasformato ma soprattutto privato da elementi caratteristici, sui quali invece dovremmo fare leva per poter diventare sempre più attrattivi rispetto i flussi turistici internazionali, ci perde la gente del Salento, che vede in questo modo disperso un patrimonio culturale e storico incommensurabile, a vantaggio dei soliti pochi furbi.

Giovanni D’Agata Componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori denuncia questa speculazione, ed invita le istituzioni a controlli più rigorosi.

Lecce, 04 gennaio 2010

Olio di oliva made in Puglia – Coldiretti Puglia, Soddisfatti!

Olio di oliva made in Puglia

Coldiretti Puglia, Soddisfatti!

Dal 1° luglio 2009 entra in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine delle olive impiegate per produrre l’olio vergine ed extravergine di oliva. Si tratta del Regolamento (CE) 182 del 6 marzo 2009, che modifica il Regolamento (CE) 1019/2002, grazie al quale non sarà più possibile spacciare per ‘made in Italy’ l’extravergine ottenuto da miscugli di olio, spremuto da olive spagnole, greche, tunisine ed altro, senza una informazione chiara e trasparente.

Si tratta di una grande conquista, di una storica conquista che la Coldiretti intende festeggiare e promuovere nella convinzione che tutto ciò costituirà la base di partenza della rivincita dell’olio extravergine di oliva. Sarà dunque la Puglia con i suoi 369.000 ettari di superficie olivetata, pari all’8% di quella comunitaria e una produzione di olio pari a 2,2 milioni di quintali, pari al 35% di quella nazionale, ad essere la location ideale della FESTA DELL’OLIO.

In questi giorni la Coldiretti Puglia darà il benvenuto alla nuova etichetta con una serie di iniziative e di eventi. Ecco gli appuntamenti: Bari 30 giugno 2009 Piazza San Ferdinando (a partire dalle ore 10,00), degustazione e vendita olio extravergine del territorio. Saranno presenti inoltre, Adele Granieri,medico nutrizionista che illustrerà le proprietà salutistiche dell’olio, mentre un assaggiatore effettuerà il panel test dei differenti oli presenti in piazza.

Una estetista sarà a disposizione per massaggi alle mani con creme a base di olio extravergine di oliva.

Molti ristoranti del luogo proporranno menù a km 0. Foggia 30 giugno 2009, vendita e degustazione di olio extravergine di oliva su Corso Vittorio Emanuele e nel ‘Parco del Gusto’, il Mercato di Campagna Amica di Viale Pinto 2.

Brindisi 30 giugno 2009, vendita e degustazione di olio extravergine di oliva su Piazza della Vittoria. Taranto 30 giugno 2009, vendita e degustazione di olio extravergine di oliva presso i due Mercati di Campagna Amica di Corso Umberto I e Via Plinio.

Lecce 1° luglio 1 2009, alle ore 20,00, ‘FESTIVAL DEI SAPORI’, presso l’Oleificio cooperativo della riforma fondiaria di Nardò (Via per Avetrana), dove si potrà degustare l’olio extravergine di qualità su bruschette, friselle ed altri prodotti da forno che verranno offerti dalla cooperativa insieme a delle croccanti “pittule”, ai formaggi e latticini dell’Arneo, al vino DOC di Nardò, alla verdura appena raccolta e a tanti altri prodotti del territorio.

Bruxelles propone l’introduzione obbligatoria dell’origine in etichetta dell’olio

Olio: Bruxelles propone l’introduzione obbligatoria dell’origine in etichetta

Grande soddisfazione della Coldiretti Puglia

“Non possiamo che esprimere plauso per la proposta di Bruxelles ai 27 Stati membri di introdurre obbligatoriamente in etichetta l’origine dell’olio d’oliva vergine ed extra-vergine, mentre per le miscele bisognerà indicare se si tratta di oli di origine comunitaria, oppure di oli d’origine non comunitaria. Ad oggi sugli scaffali dei supermercati è straniero l’olio di oliva contenuto quasi in una bottiglia su due, ma ai consumatori vengono presentate tutte come italiane perché sulle etichette non è ancora rispettato l’obbligo di indicare l’origine delle olive. Una situazione che mette a rischio gli oliveti italiani che possono contare su 250 milioni di piante, molte delle quali secolari o situate in zone dove contribuiscono al paesaggio e  all’ambiente, oltre che al PIL dei nostri territori”.

Il Presidente della Coldiretti Puglia, Pietro Salcuni, saluta con grande soddisfazione la notizia della proposta presentata da Bruxelles, che ha già ricevuto un via libera indicativo dal Comitato di gestione che riunisce i rappresentanti dei 27 a livello tecnico e sarà inviata all’Organizzazione mondiale per il commercio (Wto), il cui comitato contro le barriere tecniche avrà 60 giorni per esaminare il testo dopo l’eventuale notifica da parte di Bruxelles. Se nessun ostacolo si frappone, un voto sul progetto definitivo e’ previsto alla fine del 2008 e il via libera alle nuove regole scatteranno dal prossimo anno.

“Si tratta di un ulteriore passo avanti – dice il Direttore della Coldiretti Puglia, Antonio De Concilio – nella battaglia per il riconoscimento dell’origine dell’olio d’oliva in etichetta, Legge già in vigore in Italia a partire dal gennaio 2008 e mai osservata, contro cui Bruxelles aveva inviato una procedura di messa in mora. Coldiretti si è battuta strenuamente per impedire lo sfruttamento dell’immagine delle zone tradizionali di coltivazione o allevamento da parte di alimenti a base di prodotti agricoli provenienti da migliaia di chilometri di distanza da quanto indicato sulle confezioni ed evitare ogni tipo di sofisticazione, ovvero che prodotti di dubbia provenienza vengano spacciati per prodotti di qualità, quando di qualità non sono, e che si utilizzino i marchi ‘made in Italy’, o peggio ‘made in Puglia’ per prodotti che non hanno nulla a che fare con il nostro territorio”.

Il comparto olivicolo-oleario, infatti, è uno dei settori più colpiti da frodi e sofisticazioni in Puglia. Nonostante il riconoscimento comunitario per 5 oli DOP (Denominazione d’Origine Protetta) al ‘Terra di Bari’, ‘Terra d’Otranto’, ‘Dauno’, ‘Collina di Brindisi’ e ‘Terre Tarentine’ ed una produzione pari a 11 milioni di quintali di olive ed oltre 2,2 milioni di quintali di olio, sono 160 i milioni di litri di olio di oliva importati ogni anno per essere miscelati con quello italiano ed in particolare con quello pugliese, dato che l’incidenza della produzione olivicola regionale su quella nazionale è pari al 36,6% e al 12% di quella mondiale.

Fonte Sudnews.it

Taranto: il lato turistico e storico della città dall’olio DOP

Taranto non è solamente una delle città dalla maggiore e più prestigiosa produzione d’olio d’oliva extravergine.

Di livello internazionale, infatti, non è solamente l’olio “Olio extravergine d’oliva Terre Tarentine DOP”, ma è anche il turismo della cittadina, la sua storia, ed il suo mare.
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Quasi 200.000 abitanti per la cittadina pugliese, che è una delle più popolate del meridione.
Sorge all’interno del Golfo di Taranto sul Mar Ionio, ed è estesa su due mari: il Mar Grande ed il Mar Piccolo.

Innanzitutto, importante è il porto tarantino, sede di attività sia industriale che commerciale.
Presente anche un arsenale della Marina Militare Italiana; la cittadina è attivissima anche nel settore industriale, grazie ai suoi diversi stabilimenti.
Da segnalare è ad esempio, il più grande centro siderurgico Europeo.

A giocare un grande ruolo nella cittadina è però il clima assolutamente mediterraneo, addirittura con punte tropicali in alcuni giorni dell’anno.
Estati caldissime, con  punte di 40° gradi, ma temperature mai troppo basse, che non scendono quasi mai sotto i 6 gradi per tutta la durata dell’anno.

Gli inverni miti, e le altre stagioni dalle calde temperature, favoriscono l’agricoltura e la vigorosa flora e fauna.
Le ottime temperature, infatti, sono uno degli elementi che permettono la coltivazione durante tutto il corso dell’anno degli olivi.

Il clima mediterraneo, in combinazione con il mare tarantino, favorisce il turismo, in particolare quello marittimo, con turisti che giungono da tutto il mondo per prendere il sole sulle tante spiagge della “litoranea” tarantina, o nuotare nelle limpide acque del mare tarantino.

Il mare è presente anche in città.
Il lungomare, presente nel centro cittadino, è uno dei più estesi d’Europa; nella città vecchia, invece, il mare è a pochi centimetri dalle case, e rende la pesca una delle attività principali di Taranto.
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Attivissima anche  nella produzione manifatturiera, gioca un ruolo fondamentale nel turismo e in generale nella fama della cittadina pugliese, la sua storia.

Fondata nel 706 a.C., ha una storia a dir poco vasta, e i resti sono visibili a iosa ancora oggi.

Centinaia di testimonianze storiche visibili, in particolare dobbiamo sottolineare la presenza del Museo archeologico nazionale di Taranto, uno dei più importanti di tutta Italia ed Europa per i gioielli, gli oggetti, risalenti all’antichità; e al castello aragonese tarantino, uno dei castelli più importanti della nazione.